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  Che è il cielo, a volte     Che è il cielo, a volte, che ce le porta certe disgrazie. Quando non te lo aspetti o quando sollevi gli occhi su quell’azzurro infinito e non ti rimane altro che invocare un intervento divino, una grazia, una mano che ti tiri fuori da quel guaio incontrollabile. Io lo tenevo stretto il piccolo, ero fermo e ben saldo su quel muretto; usavo tutta la forza delle mie braccia per tenere il piccolo stretto al mio corpo perché sentisse il calore del mio corpo sul suo corpicino gelido, ma l’acqua veniva giù come un uragano e nel diluvio gli ripetevo che doveva stare tranquillo che saremo tornati dalla mamma e ci saremo salvati da quell’inferno di pioggia e fango. Lui invocava il nome della mamma, la chiamava a gran voce e leggevo negli suoi occhi tutta la paura e il terrore che teneva dentro al suo fragile cuoricino. E l’acqua saliva sempre più alta e avvertivo che il muretto a secco sotto i miei vibrava al passaggio di quell’acqua scura che trasportava di